COMPITI DI NATALE

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_Lind@_
view post Posted on 27/12/2010, 10:13




IL DIBATTITO SULLA LINGUA
La disputa sulla scelta del latino o del volgare si era oramai conclusa con la nascita della letteratura in volgare, si apriva però un nuovo dibattito all’inizio del 500; quale volgare usare. Acceso e dai forti contrasti, questa discussione durerà fino all’unificazione politica italiana.

Calmeta, Equicola, Castiglione aspirano ad una realtà linguistica superiore a quella toscana, vasta, elegante, universale che troverebbe come luogo naturale la corte.
Essi ritengono che la lingua da prendere a modello è quella cortigiana, commistione di diversi dialetti sotto l’influsso del latino. La lingua di corte è ITALIANA perché è fondata sull’uso, legittimato dal buon gusto di un preciso ceto sociale. Secondo questi teorici, vi è una contrapposizione tra lingua parlata plebea, toscana regionale, e quella parlata eletta, cortigiana che accoppia la diffusione regionale e la raffinatezza. Viene per questo sostenuto il primato delle “ discrezione raffinanata della conversazione di palazzo” rispetto “ al rigore senza libertà della grammatica scritta”.

Secondo altri è il fiorentino la lingua italiana, e se ne 500 esiste una lingua conosciuta da molti , è dovuto all’assunzione del fiorentino da parte degli autori, grazie alle sue qualità intrinseche. La lingua nazionale è il fiorentino perché è a Firenze che la si parla naturalmente. Si insiste sull’assoluta priorità dell’uso: “ la lingua nasce dall’uso di chi la parla” . Questa teoria limita il peso dei modelli letterari perché enfatizza l’uso naturale. Per i cortigiani l’uso era in un ambito artificiale come quello della corte.

La tesi vincente fu quella arcaizzante di Bembo, fondato sui modelli letterati trecenteschi. Fu quella idonea alle esigenze dei ceti intellettuali. Il suo interesse principale è la considerazione letteraria e artistica non le qualità o l’uso del fiorentino.
Egli sostiene che il fiorentino contemporaneo corrompe gli autori con dialettismi. L’assunzione dei modelli letterari arcaici è la soluzione più naturale, essi fungono da : modello linguistico-letterario, mediatori con la cultura latina e classica, legittimatori dell’uso del volgare con il loro prestigio.
Un elite intellettuale decreta vincitrice la tesi del Bembo, che progressivamente si sta isolando dal contesto più attivo della nazione.

GLI ASOLANI
Dialogo interamente dedicato al tema dell’amore. È la prima prosa in toscano scritta da uno che non lo era. Diventeranno poi fonte di temi e problemi a cui attingeranno diversi lirici.
Egli si pose il compito di legittimare il tema d’amore in letteratura, dandogli importanza e serietà che la vecchia concezione ovidiana non poteva più garantire. La dottrina dell’amor platonica viene utilizzata per il suo progetto di rifondazione della letteratura volgare.
Negli Asolani non è specificata la posizione che prende Bembo, i personaggi hanno ciascuno la sua autonomia, non c’è poi una conclusione univoca: un processo ascendente dall’amore disperato a quello sensualmente felice per la donna, da questo a quello intellettuale e contemplativo verso la donna e infine a quello perfetto dell’amore di Dio, e in Dio , della natura e dell’arte.
Bembo vuole enfatizzare l’amor platonico e la sua conciliabilità con l’etica cristiana.
La conclusione introduce un monito ad abbandonare i simulacri terreni dell’amore e intendere la vera bellezza coi valori cristiani; attraverso questa prospettiva Bembo formula un’interpretazione del canzoniere petrarchesco. Il successo degli Asolani è dovuto poi a questa consonanza strutturale con il Canzoniere.

PIETRO BEMBO, PROSE DELLA VOLGAR LINGUA “ PETRARCA E BOCCACCIO OTTIMI MODELLI”
Dopo un rapido abbozzo alla storia della letteratura , egli giudica i poeti nella prospettiva linguistico-stilistica; per questo Boccaccio e Petrarca appaiono come il vertice qualitativo della letteratura volgare.
Bembo non cita gli autori del tardo Quattrocento e inizio Cinquecento, forse perché troppo attuali o perché non approvate dal punto di vista linguistico-stilistico.
Nel finale egli si apre alla possibilità che i contemporanei, come Petrarca e Boccaccio, potranno percorrere un cammino di perfezionamento fino a superare gli stessi modelli.
Questo brano è un esempio di come la critica cinquecentesca enfatizzava gli aspetti formali del testo.
Gli aspetti della sua argomentazione sono:
-gravità e piacevolezza sono due registri stilistici che forniscono un criterio di valutazione estetica;
- gravità o piacevolezza sono determinate da un certo numero di caratteristiche formali legate al suono, numero, sottoposte al principio di variazione;
- Dante era maestro nella gravità e Cino nella piacevolezza, Petrarca raggiunse l’eccellenza in entrambi i registri;
-gravità e piacevolezza di un testo sono determinate dalla proporzione di elementi gravi e piacevoli al suo interno;
-la compresenza di elementi gravi e piacevoli è indispensabile per fuggire gli eccessi.

Con l’armonica proporzione delle parti si ottengono testi esteticamente validi, il passo successivo è la variazione: alternanza di scelte lessicali, sintattiche, retoriche , stilistiche, per evitare la monotonia e per raggiungere l’equilibrio. Ciò non deve essere un esercizio meccanico, ma una cosa fatta con naturalezza.
Evidente risulta il carattere classico-rinascimentale dei criteri, riferiti ai valori estetici: equilibrio, proporzione, armonia, grazia.


Edited by _Lind@_ - 30/12/2010, 12:22

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